La molecola C8H11NO2, meglio nota come dopamina, è un neurotrasmettitore che ha un notevole impatto sul nostro cervello.
Avevamo già descritto in un articolo perché proviamo piacere quando sentiamo la musica: quando la melodia che stiamo ascoltando incontra o sorpassa le nostre aspettative il nucleo accumbens rilascia la dopamina, che ci fa provare una sensazione di piacere.
Il valore evolutivo della dopamina
Tale stimolo chimico ci gratifica quando compiamo determinate azioni: veniamo ricompensati quando riusciamo ad ottenere del cibo migliore, per il sesso e per tutto ciò che migliora la possibilità dell’organismo di sopravvivere.
Ma anche se “fatti non foste a viver come bruti”, il sistema della ricompensa forgiato in migliaia di anni resiste ancora nonostante la rapida evoluzione avuta dalla nostra specie negli ultimi millenni.
A causa di questa predisposizione ad essere gratificati quando otteniamo risorse migliori per la conservazione della specie, anche la musica a noi più gradita ci provoca piacere.
Il nostro cervello percepisce quindi la buona musica come qualcosa di essenziale alla nostra sopravvivenza.
Ma se questo meccanismo arcaico funziona bene con la musica, ha anche i suoi bug. Ad esempio il junk food può essere recepito come gratificante per via dell’alto contenuto calorico: un’abbondante porzione di cibo spazzatura sarebbe stata manna dal cielo per un uomo primitivo che doveva cacciare per vivere!
Per non parlare dell’effetto di alcune sostanze stupefacenti come la cocaina che impedisce la rimozione della dopamina, causando quindi una continua stimolazione al nostro cervello.
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Cosa accade quando ascoltiamo la musica
Grazie alle moderne tecniche di neuroimmagine, in vari studi è stato osservato ciò che accade quando ascoltiamo la musica.
Durante la fMRI (risonanza magnetica funzionale) si può vedere che le aree più attive si illuminano perché maggiormente irrorate dal sangue.
All’ascolto di una melodia la corteccia frontale inferiore compara i nuovi suoni con altri modelli sonori che abbiamo conservati nel giro temporale superiore. I nostri gusti musicali dipendono da ciò che abbiamo salvato in memoria nel tempo.
Con le nostre abilità cerebrali durante l’ascolto facciamo costantemente predizioni sulla direzione che prenderà la melodia che sentiamo, in base a ciò che abbiamo appena ascoltato. La stessa cosa la facciamo anche quando danziamo per elaborare i movimenti che dovremo fare sulle prossime note.
Dell’effetto del nucleo accumbens e del rilascio di dopamina abbiamo già parlato sopra, ma anche altre aree del cervello sono coinvolte nella risposta emotiva allo stimolo musicale: l’amigdala e la corteccia prefrontale mediale.
La musica come cibo per l’anima
Gli studi sull’effetto della musica sul cervello e sulla mente progrediscono costantemente ma ancora non vi è un quadro teorico definitivo che possa spiegarci l’importanza che questa ha per la nostra vita.
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L’unica certezza che emerge è che da sempre l’uomo trae piacere da pattern di stimoli sonori e ha sempre cercato forme per riprodurre melodie sempre più complesse: dai tamburi delle tribù alle orchestre sinfoniche il progresso è stato notevole.
In assenza di una teoria inconfutabile al riguardo, appare però chiaro che nel tempo l’uomo ha preferito investire le sue energie psichiche e fisiche nel procacciarsi un alimento differente ed astratto: la musica.
Probabilmente i prossimi studi faranno maggiore chiarezza sul nostro appetito musicale.
Applicazioni pratiche: la Songtherapy
Songtherapy significa usare le canzoni per stimolare la crescita personale.
Come leggete in questo articolo, la musica agisce sul sistema dopaminergico e procura piacere.
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